Il calcio al tempo del Covid
Non c’è dubbio che stiamo vivendo in un momento storico molto impegnativo che segnerà irrimediabilmente la storia dell’umanità. Nel bene o nel male, ancora non lo sappiamo, visto che il “libro” scritto dalla pandemia non è ancora andato in stampa perché molte pagine si stanno ancora scrivendo. In tutto questo disorientamento delle persone che stentano ad adattarsi ai nuovi equilibri, cercando disperatamente di proiettare i loro trascorsi in speranze per il futuro, il più possibili simili a quanto vissuto fino al 2019, si muove, tra bolle sanitarie e innumerevoli test sierologici, anche lo sport. Uno sport che ha dovuto necessariamente adattarsi e trasformarsi in qualcosa di simile, ma non uguale, a quanto era prima dell’arrivo di questa nuova pestilenza mondiale.
Tra le discipline che hanno risentito maggiormente di questa nuova realtà, con il rischio di dover sparire, ci sono sicuramente la pallacanestro e la pallavolo e tutti gli altri sport che si giocano negli impianti al chiuso. Non solo per impossibilità di poter ospitare il pubblico per sicurezza sanitaria, ma soprattutto perché il loro sostentamento economico deriva principalmente dagli incassi al botteghino. Particolare che, per fortuna del calcio, questo non succede completamente, in quanto da diversi anni, i grandi introiti delle società pallonare e delle federazioni nazionali, arrivano dai contratti stipulati con le varie televisioni.
Non c’è dubbio però che, anche il regno dorato del calcio risenta sensibilmente di questa situazione generale di emergenza e dell’assenza del pubblico sugli spalti, il famoso dodicesimo uomo, che determina un’atmosfera surreale. Una presenza dei tifosi che si era già ridotta nei numeri anche prima che arrivasse la Sars-CoV 2 del coronavirus Covid-19, a causa delle innumerevoli dirette televisive. Giocare però nei vari stadi vuoti, nel silenzio degli spalti e nel mezzo del continuo vociare dei giocatori e degli allenatori, diminuisce, se non azzera, l’impatto emotivo con la partita. Sembra di vedere un buon allenamento, o poco di più. Manca l’adrenalina e soprattutto il rischio di essere fischiati o applauditi. Aspetto che fa la differenza, soprattutto per la crescita tecnico-agonistica e della personalità di un giovane atleta. Non a caso, a beneficiarne di più è stato il giovane Milan di Stefano Pioli, i cui ragazzotti hanno potuto crescere senza la paura di confrontarsi con gli ottantamila di San Siro.
Quello a cui stiamo assistendo è uno sport, un calcio, diverso in cui tutto può succedere, ribaltando spesso i valori in campo. Non a caso, è saltato completamente il fattore campo e sono aumentati i gol per partita: mancando il pubblico, a favore e non, tutti i calciatori sono meno concentrati e soprattutto osano anche oltre le loro capacità. Del resto, chi li fischierebbe in caso di grave errore, se non gli stessi compagni di squadra o il proprio tecnico, come in una normale seduta di allenamento settimanale?
Nulla di paragonabile a migliaia di cori sfottò che, quasi sempre, costringono tutti i giocatori, in particolare quelli meno dotati tecnicamente e più giovani, a riflettere prima di agire. In tutto questo caos, più o meno organizzato, la macchina da soldi del calcio professionistico è riuscita, dopo una lunga sospensione delle attività agonistiche e attuando un rigido protocollo sanitario, a riprendere la sua marcia regolare. Ad assegnare trofei e titoli.
Tra le manifestazioni calciofile più prestigiose che stanno proseguendo il loro cammino, c’è anche, ovviamente, quella più importante, sia da un punto di vista tecnico che economico: la Champions League. Quest’ultima riprenderà il 16 febbraio con le gare degli ottavi e soprattutto con la partecipazione di ben tre compagini italiane, sulle quattro che hanno iniziato questa avventura. Precisamente Atalanta, Juventus e Lazio e con la sola Inter eliminata, con molti rimpianti, nella fase a gironi. Il sorteggio delle urne di Lyon, sede svizzera della Uefa (federazione calcio europea), è stato in chiaro scuro per le nostre portacolori, anche se è naturale che, da questo punto in poi, formazioni materasso non esistono più. L’avversario più pericoloso è capitato sicuramente alla Lazio che dovrà vedersela con i detentori del trofeo, i tedeschi del Bayern Monaco, anche se la formazione di Simone Inzaghi ci ha abituato a imprese, considerate alla vigilia, impossibili. Andata a Roma il 23 febbraio; ritorno a Monaco il 17 marzo.
Per l’Atalanta di Giampiero Gasperini un avversario, sulla carta, da far tremare i polsi: il blasonatissimo Real Madrid. Ma, al di là di tutto, questo Real allenato dall’ex juventino Zinedine Zidane, pur avendo ottime individualità, non è quello migliore a cui eravamo abituati a vedere. Infatti, il club madrileno sta attraversando un momento delicato, sia dal punto di vista economico che strutturale. Molti dei suoi campioni sono decisamente datati e all’orizzonte non sono ancora stati trovati i giusti ricambi. Per questo motivo e per il fatto che i bergamaschi, alla loro seconda presenza consecutiva in Champions League, sono un’ottima realtà calcistica, il pronostico è tutt’altro che scontato. Andata a Bergamo il 24 febbraio; ritorno a Madrid il 16 marzo. Sicuramente, il sorteggio più benevolo è capitato alla Juventus del neo e inesperto Andrea Pirlo che dovrà vedersela con i portoghesi del Porto.
I bianconeri, sono al loro nono tentativo consecutivo di puntare alla vittoria finale di questa importantissima competizione internazionale. Una compagine di buon livello, ma nulla di paragonabile con quella dei torinesi che dovrebbero tranquillamente approdare nei quarti di finale. Sempre senza distrarsi troppo però, soprattutto dopo l’inatteso scivolone della passata edizione, con il più debole club francese del Lione. Eliminazione che costò la panchina all’allora allenatore toscano, Maurizio Sarri, nonostante la vittoria in campionato. Andata a Porto il 17 febbraio; ritorno a Torino il 9 marzo.
Il calendario della Champions League prevede altre due fasi ad eliminazione diretta, con partite di andata e ritorno: i quarti, dal 6 al 14 aprile, le semifinali, dal 27 aprile al 5 maggio e la finalissima, in un’unica sfida, il 29 maggio allo stadio Olimpico Atarürk di Istanbul, in Turchia. Quella sede che era prevista l’anno scorso, quando fu sostituita, per motivi di precauzione sanitaria, con quella portoghese di Lisbona, stadio da Luz. Città, in cui si giocò, rigorosamente senza pubblico, una “final eight” con partite uniche che decretarono, il 23 agosto scorso, il sesto successo europeo dei tedeschi del Bayern Monaco. Vittoria per 1-0 contro i francesi del Paris Saint-Germain.
Pier Paolo Cioni