Un viaggio nella storia del Rally
Guardi la Lancia Stratos da rally e capisci subito che quella macchina è nata per vincere: e infatti negli anni ’70 fece
messe di premi, con la sua carrozzeria da Ufo ma sempre incollata al terreno anche nelle curve più da brivido. La
Stratos è uno dei pezzi forti della mostra internazionale “The Golden Age Of Rally” aperta fino al 2 maggio negli spazi del Museo dell’Auto di Torino, e se per caso non avete mai visto il MAuTo, che è unico al mondo per ricchezza
espositiva, potreste cogliere l’occasione di scoprirvi anche la storia della Formula 1 e dell’automobile in generale – e
persino quella del giornalismo: la nostra preferenza assoluta va alla Itala con cui il principe Scipione Borghese e un
giovane reporter di nome Luigi Barzini si imposero nel raid Parigi-Pechino nel 1907, divorando 16.000 chilometri di
strade che all’epoca erano peggio del peggior rally odierno.
Se il Museo di Torino è quasi un unicum (che ne sono altri vagamente simili nel mondo ma più che altro sono dedicati alla storia di questo o quel marchio, con poche concessioni agli altri) anche la specifica mostra sul rally ha pochi o forse nessun eguale: i modelli provengono dalla collezione del pilota Gino Macaluso, vincitore (con Raffaele Pinto) del Campionato Europeo 1972, alla cui memoria è stata intitolata l’omonima Fondazione per volontà della moglie e della famiglia; questa collezione è diventata un punto di riferimento per studiosi, collezionisti e appassionati e per qualche mese si può visitare a Torino.
Le vetture in mostra sono alcune fra quelle che, tra gli anni Sessanta e Novanta del secolo scorso, hanno vinto le più
importanti gare del campionato rally, da Montecarlo al Rally Safari, dal Mille Laghi in Finlandia a Sanremo: auto iconiche, come la Lancia rally 037 evo2, la Audi Quattro e la Peugeot 205 T16, protagoniste di sfide diventate
leggenda, che raccontano le imprese di piloti e di squadre corse, l’evoluzione tecnologica e l’enorme successo di
pubblico che ha accompagnato questo sport nel corso dei decenni.
Su alcune di queste vetture gareggiarono piloti come Biasion, Mäkinen, Kankkunen, Mouton, Pinto, Sainz, delle cui gesta si può leggere nella speciale hall of fame allestita in occasione di questa mostra. La ricca esposizione di oggetti che affianca le auto comprende tute, caschi, utensili di meccanica, accessori di vita quotidiana e anche attrezzi impensabili come ad esempio un machete per districarsi nella vegetazione qualora la macchina fosse finita fra i rovi di una giungla (capitava anche questo).
Il presidente del Museo dell’Automobile, Benedetto Camerana, definisce la mostra come “una celebrazione rigorosa,
completa e spettacolare della storia dei rally che conferma l’impegno e la vocazione del MAuTo nel mondo del
motorismo sportivo. È un’esposizione inedita ed è anche un omaggio alla competenza del territorio torinese e
piemontese, che ha saputo esprimere vetture e talenti in grado di arrivare in vetta alle classifiche internazionali.
Produttori e team locali, come Fiat e Lancia, Abarth e Martini, e designer come Gandini, Giugiaro e Pininfarina sono i
creatori dei simboli di un’epopea dei motori, che abbiamo ora il piacere di mostrare al pubblico”.
Aggiunge Monica Mailander Macaluso, presidente della Fondazione costituita con la famiglia in memoria di Gino
Macaluso: “A Torino si è fatta la storia dell’automobilismo italiano, perciò era giusto partire da qui con questa
esposizione, che porteremo poi in altri musei di tutto il mondo. La mostra non vuol essere solo un’esposizione di
vetture prestigiose, ma ambisce ad essere un approfondimento sulla cultura umanistica ad esse legata: i modelli
esposti sono un riassunto armonico di innovazione tecnologica, tradizione artigianale e bellezza del design
d’avanguardia, capace di appassionare e coinvolgere intere generazioni”.
Luigi Grassia