Dalla cucina dello chef alla tavola
Complice un cambio di abitudini dettato dalla pandemia ma anche dalle sempre più diffuse piattaforme tecnologiche per il meal delivery, nel 2020 il giro di affari attorno la consegna di cibo a casa è cresciuto del 19% rispetto al 2019 superando i 700 milioni di euro. Un trend che non accenna a rallentare, assicurando nuove opportunità alla ristorazione, ma che rischia di avere un impatto importante sull’ambiente, ad esempio a causa dell’aumento esponenziale di packaging e di emissioni per le consegne. In occasione dell’Earth Day, che si celebra il 22 aprile e che quest’anno avrà come tema “Restore Our Earth”, Deliveristo, il marketplace digitale B2B che mette in contatto diretto ristoratori e chef con i fornitori, ha dunque stilato un vademecum, con consigli pensati tanto per gli chef quanto per i consumatori, e selezionato alcuni locali che sono quotidianamente impegnati per rendere la propria cucina non solo più buona ma anche più sostenibile.
“Quello della sostenibilità è senza dubbio uno dei trend più forti che stiamo riscontrando nel settore della ristorazione. Allo stesso tempo, come Deliveristo abbiamo in quest’ultimo anno lavorato principalmente con chef e ristoranti che, per mantenere attivo il proprio business e andare incontro alle esigenze dei consumatori, hanno adattato i propri menù e introdotto o potenziato servizi di delivery, spesso reinventadosi da zero. Lo dimostra anche il boom delle Dark Kitchen, le cucine senza ristorante, che permettono di organizzare il delivery, ma riducendo ad esempio le spese per l’affitto del locale”, spiega Erica Fifield, Head of communication & Buyer di Deliveristo.
Uno dei primi passi per rendere il delivery, e la ristorazione in generale, più sostenibile riguarda la maggiore attenzione ai prodotti. Gli chef, in cucina e nella creazione dei propri menù, possono valorizzare piatti e preparazioni “sostenibili”, scegliendo ingredienti di stagione, biologici, possibilmente a Km0, certificati e tracciati e selezionando fornitori attenti a questi aspetti.
I consumatori, d’altra parte, possono ovviamente scegliere di rivolgersi per il loro delivery ai ristoratori attenti a questi aspetti, o comunque ordinare preparazioni con ingredienti bio e di stagione.
Esempio virtuoso è il bistrot e food hub milanese Tipografia Alimentare che quotidianamente cambia il menù per garantire la freschezza dei prodotti e il rispetto delle stagioni: le materie prime sono selezionate secondo princìpi di agricoltura biologica da piccolissimi produttori. Deliveristo in questo senso permette ai ristoratori di acquistare sia da una rete di fornitori locali sia da un catalogo più ampio che include prodotti tracciati. Ne sono un esempio le alacce proposte da Fish Different, realtà presidio Slow Food, oppure la selvaggina italiana di Sant’Uberto, che caccia secondo calendario venatorio e punta a disincentivare la caccia illegale, le conserve di Nonno Andrea, azienda certificata “Biodiversity Friend”, la prima certificazione di biodiversità in agricoltura.
Per un delivery green che si rispetti, grande attenzione va data al packaging. Meglio privilegiare box in cartone, più facilmente riciclabile, e se possibile in carta certificata o riciclata. Esistono inoltre nuove tipologie di packaging eco-compatibili, compostabili, biodegradabili e riciclabili in cellulosa, che diminuiscono l’impatto. Da evitare per quanto possibile l’utilizzo di confezioni, stoviglie, contenitori in plastica usa e getta: in questo caso una valida alternativa è rappresentata da stoviglio compostabili o in bioplastica. I consumatori, da parte loro, possono impegnarsi a specificare nelle note dell’ordine che non si desiderano nella box del delivery stoviglie usa e getta o bustine di olio, sale, zucchero, apparecchiando la tavola, che sia a casa o al lavoro, con le proprie posate di metallo e con i condimenti che già si hanno. Tra gli esempi virtuosi, Deliveristo ha individuato Onest a Milano, un’enoteca con circa 250 etichette naturali, biodinamiche, biologiche e tradizionali: molto sensibile al tema degli sprechi, il locale adotta la filosofia “plastic less” e in particolare per il delivery utilizza solo packaging compostabile.
Foto: Onest (Milano)
Sostenibile anche l’iniziativa di Altatto, bistrot di Milano che propone un’esperienza di alta cucina vegetariana e vegana. Con il progetto “A casa tua” punta a creare una rete di consumatori consapevoli: gli avventori possono ordinare una schiscetta, con un menù completo, che viene consegnata in un contenitore, ispirato al dabbwala indiano, in acciaio inox.
La novità sta proprio nella “gestione” del contenitore: è pensato per essere restituito dalla seconda consegna in poi, per riceverne un altro compreso nel prezzo del pasto, senza l’aggiunta del costo del packaging. Tutte le schiscette restituite vengono sanificate con prodotti ad hoc, per garantire il massimo rispetto di ambiente, sicurezza ed igiene, consegna dopo consegna.
Inoltre, uno dei punti fondamentali del delivery riguarda le modalità di consegna. Gli utenti in primis possono privilegiare ristoranti vicino casa o ufficio e, ove possibile, valutare l’asporto, raggiungendo a piedi il locale. In caso di consegne a domicilio è importante comunicare correttamente le informazioni, in modo da evitare errori o far girare inutilmente il rider o il fattorino alla ricerca dell’indirizzo giusto.Il ristoratore invece può impegnarsi nel privilegiare per i propri fattorini la mobilità sostenibile, effettuando consegne in bicicletta oppure a bordo di motorini o mezzi elettrici.
A Milano, ricorda Deliveristo, c’è Nanie, delivery che punta su qualità e sostenibilità, selezionando fornitori a Km0 e riconosciuti per la loro genuinità, e consegna i suoi ordini, utilizzando tra l’altro solo packaging ecologico,a bordo di mezzi a basso impatto, affidandosi a corrieri che utilizzano biciclette cargo con speciali contenitori sulla parte anteriore, per garantire una consegna impeccabile e green. Per ottimizzare il giro di consegne e ridurre l’inquinamento, la milanese 85 pizza utilizza invece per le sue consegne il forno professionale Hotbox, che consente di portare a casa dei clienti cibo caldo e sicuro, sempre a 85°.
Un delivery più sostenibile evita gli sprechi. Ogni anno vengono gettate nella pattumiera circa 1,3 miliardi di tonnellate di cibo. Chi ordina può impegnarsi scegliendo dal menù soltanto ciò che davvero verrà consumato; gli avanzi possono comunque essere conservati per consumarli il giorno successivo o per realizzare nuovi piatti. Per gli chef vale un discorso simile: possono creare piatti utilizzando i prodotti nella loro interezza, senza buttare nulla di commestibile. Le parole d’ordine, quindi, sono creatività e inventiva, sfruttando tecniche diverse e dando vita a ricette sostenibili.
Tra le realtà più attente da questo punto di vista, Deliveristo segnala Almatò, ristorante romano che basa le sue proposte su tradizione e rispetto per le materie prime e che con i suoi spaghetti con le cime di rapa, in cui la verdura viene utilizzata in diversi modi e in tutte le sue parti, è un vero e proprio portavoce del motto “zero sprechi”.
Ultima, ma non meno importante, indicazione: fare bene la raccolta differenziata una volta consumato il pasto ordinato con il delivery. Soprattutto i consumatori sono chiamati a dividere correttamente eventuali materiali quali, vetro, plastica, alluminio, separando eventuali resti di cibo che possono essere conferiti nella raccolta dell’organico. Il ristoratore in questo caso può sensibilizzare riguardo alla tematica inserendo direttamente nella box del delivery le indicazioni per il corretto smaltimento dei contenitori. Uno dei dubbi più condivisi riguarda ad esempio il cartone della pizza, utilizzato per asporto e consegne a domicilio: se pulito e privo di residui di cibo, può essere gettato con la carta, come un normale cartone da imballaggio. Se invece è visibilmente sporco e unto, si consiglia di strappare il coperchio, che solitamente rimane pulito e che quindi va messo nel contenitore della carta, e inserire la parte molto sporca nel bidone dell’indifferenziato o dell’organico (a seconda delle regole del comune di appartenenza).